venerdì 23 agosto 2019

Taglio dei parlamentari? Non è così banale


Forse la domanda da porsi è: “abbiamo bisogno di professionisti della politica?”. Ovviamente, la figura del “politico di professione” è fra le più impopolari che esistano, per una lunga storia di abusi, privilegi, corruzioni…, che in realtà sono però da attribuire ad un malcostume diffuso nel Paese ed a meccanismi di controllo inefficaci sull’operato degli amministratori, piuttosto che ad una sorta di “propensione ontologica”, di chiunque si occupi di politica, per il malaffare.
Va anche detto che chi svolge professionalmente una determinata attività tende a sviluppare, negli anni, competenze tecniche specifiche che difficilmente si possono acquisire altrimenti. Chi ha svolto, invece, un percorso, sia pure brillante, nella “società civile”, ed approda alla politica in età avanzata, sarà munito solo delle competenze derivanti dagli studi e dal lavoro svolto in precedenza, che non sempre sono quelle necessarie per governare il Paese. Non possiamo inventarci avvocati perché siamo stati ottimi chirurghi, o diventare bravi commercialisti perché abbiamo avuto fama, ricchezze e successo come dentisti. L’assenza di una “figura professionale” del politico rischia di affollare le sedi dei partiti e le aule parlamentari di ultrasessantenni che, in realtà, conoscono bene solo le materie di cui si sono occupati nella propria vita, o di trentenni che si affacciano alla politica in modo estemporaneo, magari perché non hanno trovato un vero lavoro e non hanno fatto un percorso di studi adeguato. Inoltre, chi fa il politico di professione e trae, lecitamente, da quest’attività la propria fonte di reddito dovrebbe essere attento a non farsi coinvolgere in squallide storie di “mazzette” che gli farebbero rischiare di “perdere il posto”, e dovrebbe sviluppare la capacità di evitare frequentazioni inopportune (dalle “escort” ai loschi traffichini e mediatori di influenze varie, che oggi pullulano nel sottobosco della politica con la “p” minuscola), per tutelare la propria reputazione, dalla quale dipendono le possibilità di carriera.  
Probabilmente basterebbero poche decine di veri “statisti”, uomini politici di spessore capaci di sviluppare quella “visione” a lungo termine e quel carisma personale su cui si fonda l’arte del governo dello Stato. In qualche modo, però, per trovare queste poche decine di persone che potremmo votare con entusiasmo, bisognerà selezionarle, negli anni, fra diverse migliaia di politici di professione che svolgono, come in ogni attività, un percorso di carriera con una crescita graduale e progressiva delle responsabilità. Alcuni si perderanno per strada e leggeremo delle inchieste, degli scandaletti e delle squallide vicende di bustarelle in cui si lasceranno coinvolgere, altri non svilupperanno mai competenze significative, altri dimostreranno di non avere proprio le capacità necessarie, altri ancora saranno semplicemente sfortunati, ma i migliori potranno emergere. 
Dobbiamo avere il coraggio di affrontare l’impopolarità e cominciare a dichiarare esplicitamente che, finché non inventeremo un sistema costituzionale più efficiente della democrazia rappresentativa, non potremo fare a meno di una classe politica, composta di diverse migliaia di persone che dedicano stabilmente il proprio tempo e le proprie energie al “lavoro politico”. E queste migliaia di persone bisognerà pur mantenerle, offrendo loro anche quella naturale progressione di carriera che farà emergere i migliori, invece di indurli a dedicarsi ad attività più remunerative e gratificanti, lasciando la politica solo a quelli che non sono capaci di fare nient’altro.
Ecco, quindi, la necessità di consiglieri comunali, provinciali, regionali, regolarmente remunerati, amministratori vari con stipendi adeguati alle loro responsabilità ed alle capacità che servono per fare bene il lavoro di assessore o di sindaco, nonché, infine, di almeno un migliaio di parlamentari, ad ogni legislatura, che non si debbano vergognare di essere pagati quanto un manager di un’azienda privata o un dirigente pubblico, perché se lo sono guadagnato. E perché, fra di loro, si devono necessariamente trovare quelle poche decine di eccellenti uomini di Stato, la cui saggezza e lungimiranza politica consentirà di guidare l’Italia sulla strada giusta, nei prossimi anni.